Skip to main content

Giornata Mondiale contro la Violenza sulle Donne

Secondo i dati del rapporto Eures nel 2020 sono stati compiuti 91 femminicidi, praticamente una donna ogni tre giorni, triplicati durante il  lockdown- pari all’11% dei procedimenti iscritti per maltrattamenti contro familiari e conviventi catalogabili come violenza di genere nel periodo 1° gennaio- 31 maggio 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019.

 Il primo report sul Codice Rosso mostra un trend che «può essere imputato alle misure di contenimento da lockdown che hanno portato a situazioni di convivenza forzata» Il messaggero.

Questi dati raccontano quanto sia ancora importante e necessario impegnarsi individualmente e collettivamente in direzione di una vera tutela e prevenzione per le donne vittime di abusi e maltrattamenti.

Molto è stato fatto a partire dagli anni 60, in direzione di un’evoluzione positiva, sociale e politica, circa la tutela e il rispetto della donna: sono stati conquistati nuovi diritti di cui erano state private, come quelli riproduttivi ad esempio (contraccezione, interruzione volontaria della gravidanza) o create nuove  leggi, come la più recente legate allo stalking, o di allontanamento e protezione dalla violenza maschile. Tuttavia, si deve constatare che le violenze sulle donne non sono cessate né diminuite.

Lo stesso linguaggio utilizzato per raccontare la violenza, il linguaggio inteso come strumento di trasmissione di esperienze e di percezione del mondo, racconta che si etichetta questo fenomeno in modo fuorviante: parlando di “violenza domestica” o di “famiglie maltrattanti” invece che di violenza di un marito su una moglie o di padri che maltrattano e violentano le loro figlie, inevitabilmente, si elimina dal discorso sulla violenza l’uomo e l’aggettivo maschile. Ed è già qui che avviene il primo vero occultamento della violenza.

Contrastare questo silenzio, implica investire in una vera prevenzione primaria, in quanto la violenza sulle donne è un problema sociale e politico, oltre che sanitario e significa rivedere le procedure di accoglienza e di tutela di queste donne, a partire dalla creazione di una vera e più funzionale rete tra i servizi sanitari territoriali, quelli sociali e della giustizia, dell’associazionismo femminile e dei Centri di anti-violenza.

Il lavoro, le riflessioni, le lotte di alcuni uomini e tantissime donne dentro e fuori dalle istituzioni nazionali e internazionali, hanno mostrato che si può uscire dalla violenza e contrastarla, che è possibile immaginare un mondo in cui si possa convivere tutti con pari dignità, ma il cammino intrapreso da percorrere è ancora molto lungo.

D.ssa Iolanda Santalucia