Cyberbullismo e Cyberstalking
Tra i fattori psicologici impliciti in un atto comunicativo tra gli individui vi sono solitamente cognizioni, empatia, stato d’animo e contesto di entrambi i soggetti, che lo rendono visibile, corretto e coerente.
Tuttavia la comunicazione che attraversa il web è sempre più automatica, referenziale e “distratta”, lontana cioè da quei fattori determinanti della comunicazione emozionale necessaria all’essere umano per una completa interpretazione del messaggio comunicativo. Inoltre si deve ricordare che la condivisione che si realizza tramite i social-media è legata alla pubblicazione di immagini in cui predomina il messaggio di esposizione di sé fine a se stesso che va ad amplificare un senso di forte solitudine interiore.
Questo, di conseguenza, può condurre ad una forma di narcisismo mediatico legato all’apparenza e ad un’attribuzione di valore a qualcosa che non esiste realmente nel presente: ci si considera cioè “persone” attraverso l’uso esclusivo dell’immagine esteriore di sé.
La parola cyberbullying viene coniata da Belsey nel 2005 per indicare l’uso di informazioni e comunicazioni tecnologiche a sostegno di un comportamento intenzionalmente ripetitivo ed ostile di un individuo o un gruppo di individui che intende/intendono danneggiare uno o più soggetti. Si caratterizza per intenzionalità, ripetitività, squilibrio di potere, anonimato e diffusione pubblica delle informazioni (Slonjey e Smith, 2008; Nocentini ed al., 2010).
Slonjey e Smith nel 2008 parlano di atto intenzionale ed aggressivo di un individuo o un gruppo di individui attraverso mezzi di comunicazione elettronici in modo ripetitivo e duraturo nel tempo contro una vittima che non può facilmente difendersi.
Willard (2004) distingue tra vari comportamenti che caratterizzano il cyberbullismo individuandone otto specifiche categorie, considerando il cyberstalking come una di queste:
- Flamming: inviare messaggi volgari e aggressivi ad una persona in un gruppo online o via email/sms;
- On-line harrassment: inviare messaggi offensivi tramite e-mail/sms ad un’altra persona in modo ripetitivo;
- Denigration: pubblicare pettegolezzi o dicerie sulla vittima con lo scopo di danneggiarne la reputazione o i rapporti sociali (tipicamente associato al bulling femminile che utilizza tecniche aggressive manipolatorie overt);
- Marquerade: fingersi un’altra persona creando danni alla reputazione della vittima;
- 5.Outing: rivelare informazioni personali e riservate riguardanti una persona;
- Exclusion: escludere intenzionalmente una persona da un gruppo online;
- Trickery: ingannare o frodare intenzionalmente una persona;
- Cyberstalking: persecuzione attraverso l’invio ripetitivo di minacceIl cyberstalking può essere descritto come lo stalking online, denotando quindi l’uso della tecnologia, in particolare di Internet, per molestare una persona. Fra le caratteristiche comuni vi sono: false accuse, monitoraggio, minacce, furto di identità e distruzione o manipolazione di dati. Le molestie possono assumere varie forme, ma il comune denominatore è dato dal fatto che sono indesiderate, spesso ossessive e solitamente illegali. I cyberstalker usano e-mail, messaggi istantanei, telefonate e altri dispositivi di comunicazione per compiere atti di stalking che possono assumere la forma di molestie sessuali, contatti inappropriati o semplicemente attenzione molesta nei confronti della vita e delle attività di una persona e dei suoi familiari. Può risultare estremamente intimidatorio e distruggere amicizie, stima e fiducia di sé, la propria carriera e, se associato allo stalking, può anche mettere in serio pericolo fisico la vittima.
Un elemento comune ai due comportamenti “online” è l’aggressività agita nei confronti della vittima che può essere raggiunta in qualunque momento ed in qualsiasi luogo, rappresentando così un pericolo costante per lei.
Nel web infatti, una sola informazione (messaggio, video, foto) divulgata ad altri soggetti, può arrecare danno alla vittima indipendentemente dalla sua ripetizione, potendo essere vista e trasmessa da molte persone in tempi diversi e potenzialmente replicarsi all’infinito (poiché le informazioni rimangono disponibili ai soggetti per lungo tempo); pertanto non è necessario che l’atto offensivo venga ripetuto per identificarlo come tale (Kowalski es al., 2008; Genta, 2009).
Una differenza invece è riscontrabile nella componente relazionale ed emotiva tra l’aggressore e la vittima. Nel cyberstalking, di solito, tale relazione è molto forte, è stata reale, precedente ad una separazione o ad un allontanamento; nel cyberbullismo, invece, di solito questa relazione è assente. Il cyberbullo infatti, non è tanto interessato alla persona che vittimizza quanto piuttosto all’atto di prepotenza in sé, alla possibilità di affermare il suo potere sulla vittima in generale.
Il cyberstalker invece, molesta, minaccia, accusa, la sua vittima che è di solito una persona con la quale ha oppure ha avuto in passato un coinvolgimento emotivo con l’intenzione, distorta, di ripristinare una relazione affettiva-amorosa. Tuttavia, anche il cyberstalker sfrutta internet e i social network per agganciare e molestare le sue vittime attraverso l’anonimato.
Quando questo accade, le vittime possono essere scelte nel giro delle sue conoscenze, ma anche casualmente. Una volta “agganciata” la sua vittima, lo stalker inizia a inviarle messaggi insistenti e in casi estremi arriva a minacciarla e a farle temere per la propria incolumità. La sua attenzione è puntata solo su se stesso ed il desiderio è quello di essere visibile anche senza mostrare la propria vera identità.
Nel cyberbullismo solitamente la vittima si identifica con l’immagine distorta mostrata dal cyberbullo che ha l’obiettivo specifico di svalutarla e denigrarla, anche in forma anonima, al contrario l’immagine proposta dal cyberstolker viene solitamente rifiutata dalla vittima. Il cyberbullo ha infatti bisogno di manipolare quello specchio per affermare il suo potere sulla vittima, mentre il cyberstalker ha bisogno di manipolare quell’immagine (talvolta idealizzandola, altre sminuendola in un arco temporale anche breve) con lo scopo unico di ottenere attenzione o amore, contatto, una relazione intima con la vittima.
DIFFERENZA DI GENERE NEL “COMPORTAMENTO ONLINE”
Molti studiosi ritengono che le caratteristiche del cyberbullismo si adattino meglio al funzionamento socio-cognitivo delle donne fin dalla giovane età nonostante per molti anni gli uomini siano stati i maggiori fruitori di computer e connessioni al web
Le regioni sono da cercarsi innanzitutto nel più precoce sviluppo verbale femminile che consente di sfruttare con più efficacia il canale testuale su cui si basano gli atti di cyberbullismo. Inoltre tali atti coinvolgono maggiormente dimensioni sociali piuttosto che fisiche (informazioni denigratorie, esclusione da attività etc.).
La letteratura sulle differenze di genere nell’espressione dell’aggressività evidenzia come le ragazze tendano a mostrare uno stile di aggressività passivo nel loro comportamento online manifestandosi con l’esclusione e la diffamazione (Crick ed al., 2002; Hinduja e Patkin, 2009). Inoltre le bambine vengono educate ad un maggiore controllo dell’aggressività che invece in virtù dell’anonimato della comunicazione online può trovare sfogo, così come la possibilità di assumere diverse identità virtuali permetterebbe loro di non preoccuparsi della propria immagine e della percezione altrui (Kowalski e Limber, 2007; Hinduja e Patkin, 2009).
QUANDO IL NARCISISMO E’ ONLINE
Negli ultimi anni vi è stata da una parte della letteratura scientifica molta attenzione sulla multidimensionalità del Narcisismo. In particolare Wink (1996) distingue due fattori che coesistono nel costrutto di personalità di narcisismo, quello overt e quello covert. Il primo, il narcisismo overt, è caratterizzato da espressioni dirette di esibizionismo, dal sé grandioso e dalla preoccupazione di ricevere ammirazione dagli altri. Al contrario, il narcisista covert sembra essere ipersensibile, ansioso ed insicuro, ma con relazioni caratterizzate da indulgenza verso se stesso, presunzione ed arroganza verso gli altri.
Con l’avvento delle nuove tecnologie, vi è stato una modificazione del processo comunicativo e dell’interazione tra gli individui che ha visto una maggiore concentrazione dell’ attenzione verso aspetti più superficiali della comunicazione. È noto infatti che il 93% del fattore comunicativo sia rappresentato dalla forma non verbale e paraverbale della comunicazione eppure esso viene completamente abolito dall’utilizzo dei social network.
L’era mediatica infatti ha spostato la prospettiva nel processo comunicativo che diventa più automatico, referenziale, formale, distratto e lontano dagli aspetti psicologici che caratterizzano la relazione mittente e destinatario (empatia, stati d’animo e contesti interni ed esterni). Si annulla cioè la distinzione tra lo strumento e la persona.
La facilità con cui i social possono essere utilizzati rappresenta un effetto manipolatorio degli stessi poiché non è prevedibile né a volte possibile gestire le conseguenze ed esso collegate. Le conseguenze più evidenti possono essere ad esempio: l’attribuzione di valore personale allo strumento, l’interpretazione distorta della realtà, l’incomprensione delle caratteristiche psicologiche dell’interlocutore e la presunzione di conoscere appieno il significato di un messaggio. I malintesi, le incomprensioni tendono ad allontanare le persone e ciò genera rabbia frustrazione e rancore, sentimenti impossibili da gestire nel contesto virtuale e che spesso sfociano successivamente nell’aggressività.
I social media rappresentano il fulcro degli studi sul narcisismo online.
Uno studio del 2010, ad esempio, mostra come i social network non anonimi, quale è ad esempio Faxebook, costituiscano l’ambiente ideale per rappresentare il sè possibile sperato delle personalità narcisistiche e renderlo pubblico facilmente. Questo forse perché, sul proprio profilo, nella sezione bibliografica, si è maggiormente propensi a “dichiarare la propria identità” ed a esprimere e manifestare apertamente le proprie opinioni. La condivisione che si realizza tramite Facebook legata ad un messaggio di esposizione fine a se stesso, ha tuttavia, amplificato il senso di solitudine interiore conducendo ad un narcisismo mediatico legato all’apparenza. Guardare se stessi tramite una foto postata su un social network equivale a guardarsi allo specchio; tuttavia attribuire valore a ciò che non esiste realmente ma ad una copia di se stessi, equivale a dare valore al “nulla”.
Nel contesto mediatico spariscono empatia e assertività nei rapporti: manca la comunicazione emozionale con una conseguente ed inevitabile errata comunicazione. L’aspetto narcisistico si manifesta con l’eccessiva fiducia rispetto alle proprie capacità, creazione di false credenze su di sé e con la necessità di apparire a tutti i costi.
La persona diventa altro da sé e preferisce essere accettato sempre e comunque e non di essere “scelto”. Teatralità e presenzialismo rappresentano caratteristiche irrinunciabili della comunicazione sui social mostrando però l’insicurezza e la ricerca di consenso sociale che vi sottostanno.
Tuttavia, i social media non sono gli unici detentori del narcisismo online. Alcuni studi, come quello svolto su 1741 giocatori coreani , mostrano infatti che i giochi di ruolo, in particolare quelli che prediligono la connessione internet, rappresentino espressione di personalità narcisistiche altrettanto evidente.
Un esempio noto è il videogioco fantasy tridimensionale “World of Warcraft”. I concreti obiettivi e le ricompense offerte consentono di aumentare il prestigio ed il livello dei punti, collezionando oggetti di valore ed accrescendo forza e ricchezza del personaggio del gioco online. In questa impostazione sociale, i giocatori più meritevoli ricevono la riconoscenza e l’attenzione degli altri e guadagnano potere e status. Eppure, Davenport affermava che, “l’autostima dei narcisisti è grande quanto fragile, non a caso quando vengono attaccati crollano in modo drammatico e quindi hanno bisogno di più vittorie per riscattarsi.”
Inoltre, essendo il narcisismo collegato alla violenza, la gloria è maggiore se il potere deriva da essa, cosa possibile per via dell’aggressività che caratterizza questi giochi. Tuttavia, i tentativi di scovare dei collegamenti tra il narcisismo ed altre forme di soprusi online, come il cyberbullismo, non sono mai stati dimostrati. Invero bisogna tenere in considerazione il fatto che la società odierna si sta evolvendo promuovendo innegabilmente il narcisismo come un qualcosa di positivo ed accettabile.
Non a caso, Selfie è stata proclamata parola dell’anno nel 2013.
BIBLIOGRAFIA
Crick N.R., Casa J.F. & Nelson D. A.(2002). Toward a more comprehensive under-standing of peer mal treatment: studies of relationship victimization. Current Directions in Psychological Science, 11(3) 96-101.
Genta M.L., Brighi A., Guarini A. (2009). Bullismo elettronico. Fattori di rischio connessi alle nuove tecnologie. Ed. Carocci.
Hinduja S. & Patchin J.W., (2009). Bulling beyond the schoolyard: preventing and responding to cyberbullying. Corwin Press.
Kernberg, P.F. (1998). Developmental aspects of normal and pathological narcissism. In E.F. Ronningstam (Ed.), Disorders of narcissism: Diagnostic, clinical and empirical implications (pp. 104-120). Washington, D.C.: American Psychiatric Press.
Kowalski R.M. & Limber S.P. (2007). Elettronic BullyingAmong Middle School Student. Journal of Adolescent Health, 41 (6), S22-S30.
Kowalski R.M., Limber S.P., Agatston P.W. & Malden D. (2008). Cyber bullying. Blackwell.
Maura Manca (2016). GENERAZIONE HASHTAG. Gli adolescenti dis-connessi. Ed. Alpes Italia S.r.l.
Nocentini A., Calmaestra J., Schultze-Krumbholz A., Ortega R. & Menesini E. (2010). Cyberbullying: labels, behaviors and definition in three European countries. Australian Journal of Guidance and Counseling, 20 (2), 129-142.
Slonjey e Smith (2008). Cyberbullying: another main type of bullying?. Scandinavian journal of Psychology, 49(2), 147-154.
Willard N. (2004). Educator’s guide to cyberbullying: Addressing the harm caused by online social cruelty. Retrieved Juli 11, 2005 from http://cyberbully.org/.
Wink, P. (1996). Narcissism. In C. G. Costello (Ed.), Personality characteristics of the personality disordered (pp. 146-172). New York: Wiley.